lunedì 24 settembre 2012

Il “registro delle unioni civili” un pastrocchio? No, un gesto di sensibilità civile e umana

Il prossimo 26 settembre, il Consiglio comunale discuterà l'istituzione del "Registro comunale delle unioni civili" e il relativo regolamento. Su questo argomento abbiamo pubblicato una nota del Segretario del PD casolano, Massimo Barzaglia. Sullo stesso argomento, nel sito de "Lo Spekkietto" è intervenuto Alessandro Righini ("Il pastrocchio delle unioni civili"). Quello che segue è il commento che ci ha inviato Giorgio Sagrini, della segreteria del Circolo PD di Casola Valsenio.

"Un progetto teso ad annacquare il concetto di famiglia? E perché mai “annacquare”? Semmai il contrario! Mi pare, molto più semplicemente, che con la proposta di istituire il “registro delle unioni civili”, il Comune esprima la volontà di riconoscere e di ricomprendere nella struttura civile della propria comunità, ogni ‘formazione sociale’ o forma famigliare, che abbia alla base la relazione affettiva e la condivisione di un progetto di vita tra due individui.

La registrazione dell’unione civile in Comune avrà solo qualche limitato ma significativo effetto pratico. Tra questi quello che quella relazione affettiva, quel rapporto di coppia, quella ‘formazione sociale’, non sarà più solo un fatto privato ma – per scelta di chi decide di registrarsi – acquisirà rilievo pubblico. E in quanto tale di maggiore responsabilizzazione rispetto alla situazione attuale che non riconosce in alcun modo quelle unioni.

Perché le unioni ci sono già, non le inventa il “registro” che si terrà in Comune.

E tra gli altri effetti pratici ne indico un altro, probabilmente il principale, che è quello di sollecitare, richiamare il legislatore, finalmente, a introdurre anche in Italia una legislazione – esistente nella maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea – che dia pieno riconoscimento giuridico alle unioni civili, ovvero al rapporto affettivo e al comune progetto di vita tra due persone che rifiutano legittimamente l’istituto del matrimonio o che, per altre ragioni, siano nell’impossibilità di contrarre matrimonio.


E’, quest’ultimo, il caso delle coppie omosessuali che quando decidono di costituire una famiglia (ché tale è quella che si costituisce tra due individui che si amano e che decidono di condividere un progetto di vita, indipendentemente dall’orientamento sessuale di ciascuno dei partner) hanno il diritto di vedere questa scelta riconosciuta e tutelata.


Il matrimonio – quello celebrato con rito religioso e quello celebrato con rito civile (nel qual caso si tratta di persone “sposate civilmente” e non “unite civilmente”) non ha nulla da temere. Ciò che lo insidia è altro, e non è certo la costrizione o la negazione dell’esistenza di diversi “concetti” di famiglia, che può rafforzarlo.


Il nostro è uno Stato laico e, non a caso, la Corte Costituzionale (sentenza 138/2010) – con riferimento all’art. 2 della Costituzione - ha riconosciuto fondamento costituzionale alle ‘unioni’ stabilendo che “per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico”. In particolare ha precisato che nella nozione di formazione sociale “è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone - nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”.

La Corte di cassazione, I Sezione Civile, con sentenza n. 4184/15 marzo 2012, ha inoltre affermato, sempre con riferimento all’art. 2 della Costituzione, che “i conviventi in stabile relazione di fatto (in quel caso si trattava di una coppia omosessuale, ma vale allo stesso modo per una coppia eterosessuale) sono titolari del diritto alla “vita familiare”, del diritto inviolabile di vivere liberamente la loro condizione di coppia e, in specifiche situazioni, del diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata, che possono far valere dinanzi all’autorità giurisdizionale”.

Che da un Comune – è il caso di Casola Valsenio e di tanti altri Comuni grandi e piccoli – venga, per quanto possibile, questo segnale di attenzione, per me non è motivo di preoccupazione. E’ invece motivo di speranza e di fiducia nella capacità di realizzare una società più inclusiva e più rispettosa delle scelte di vita assunte dagli individui con consapevolezza, responsabilità e nel rispetto della libertà e della sensibilità di ognuno".


Giorgio Sagrini

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